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venerdì 13 marzo 2009

Consenso informato: i diritti del malato

Con una interessante sentenza la terza sezione civile della Corte di Cassazione (n°2468/2009) si è occupata del caso di un paziente sottoposto a test HIV senza che gli fosse stato richiesto il relativo consenso. Contestava, inoltre, il paziente l'omessa adeguata custodia della cartella clinica contenente l'esito positivo del test, con conseguente diffusione delle notizie relative alla sua salute.
La Suprema Corte ha così ritenuto:" .... Va condivisa l’opinione del ricorrente secondo cui la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 5, 3° comma, legge n. 135/1990 porta a ritenere che il consenso del paziente al test HIV - così come ad ogni altro trattamento a cui debba essere sottoposto - deve essere richiesto in ogni caso in cui ciò sia possibile, senza pregiudizio per le esigenze di cura del paziente stesso o per la tutela dei terzi. Ed invero, se nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, salvo espressa disposizione di legge (art. 32 Cost.), il malato ha il diritto di essere preventivamente e tempestivamente informato delle indagini cliniche e delle cure alle quali lo si vuol sottoporre, in tutti i casi in cui possa esprimere liberamente e consapevolmente la sua volontà ..... per le indagini cliniche debba essere rispettata quanto meno la riservatezza del paziente, adottando tutte le misure idonee a far sì che natura ed esito del test, dati sensibili raccolti nell’anamnesi, e accertamento della malattia, siano resi noti solo entro il ristretto ambito del personale medico e infermieristico adibito alla cura e vengano custoditi adottando tutti gli accorgimenti necessari ad evitare che altri, ed in particolare il pubblico, possano venire a conoscenza delle suddette informazioni...".
Questi, in sintesi, i principi espressi:
1) Il paziente deve essere preventivamente informato ed interpellato in merito alle indagini cliniche e delle cure alle quali deve sottoporsi affinché, nei casi in cui ciò sia possibile, possa esprimere liberamente e consapevolmente la sua volontà;
2) è onere del personale sanitario dimostrare di avere adottato tutte le misure occorrenti allo scopo di garantire il diritto del paziente alla riservatezza e di evitare che i dati relativi all’esito del test ed alle condizioni di salute del paziente medesimo possano pervenire a conoscenza dei terzi.
Avvocato Denise Canu

venerdì 9 gennaio 2009

Esame a raggi x e gravidanza

In una recente sentenza la Corte di Cassazione (Sez. terza penale, n° 46364 del 06/11/2008) si è occupata del caso di un medico di base che prescrisse ad una propria paziente un esame ai raggi x ionizzanti al ventre senza essersi preventivamente accertato se si trovasse in stato di gravidanza.
Esiste, infatti, una normativa specifica al riguardo. Il D.lgs 26 maggio 2000, n° 187 si occupa della protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche.
L'art. 10 del Decreto Legislativo, nello specifico, si occupa della protezione particolare durante la gravidanza e l'allattamento. Tale norma richiede al medico un'accurata anamnesi allo scopo di sapere se la donna si trova in stato di gravidanza.
Partendo da questo presupposto la Suprema Corte ha confermato la sentenza del Tribunale che condannava il medico a norma dell'art. 14 comma terzo in relazione all'art. 10 del D.lgs 26/05/2000, n° 187 ritendendo che l'accurata anamnesi richiesta dalla norma imponga al medico di rivolgere alla paziente tutta una serie di domante volte ad accertare nel caso specifico l'eventualità dello stato di gravidanza.
Avvocato Denise Canu

venerdì 10 ottobre 2008

Omessa diagnosi e danno risarcibile

La Corte di Cassazione (Cass. Civ., III sez., 18 settembre 2008, n° 23846) si è pronunciata in tema di risarcimento danni nell'ambito di errore medico, con particolare riferimento all'errore derivante dall'omessa diagnosi.
  • Questa la vicenda: Tizia si reca in ospedale lamentando forti dolori alla schiena ed all'addome. Viene dimessa con una diagnosi di bolle d'aria di natura nervosa. Persistendo i dolori, a distanza di un mese, viene visitata da un medico privato il quale diagnostica una grave neoplasia al pancreas, con metastasi epatiche. La Signora viene quindi sottoposta ai trattamenti clinici del caso. Tizia decede a distanza di un anno.
La Suprema Corte ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni considerando che l'omessa diagnosi di un processo morboso terminale, determinando un ritardo della possibilità di esecuzione di tale intervento, cagiona un danno alla persona per aver dovuto sopportare le conseguenze del processo morboso nonchè il relativo dolore. Cagiona, altresì un danno risarcibile, qualora determini al paziente la perdita di chance di conservare durante il decorso della malattia, una migliore qualità di vita e la chance di vivere alcune settimane o alcuni mesi in più. Integra, infine, danno risarcibile alla persona, poichè non mette il paziente in condizioni di programmare il suo essere persona in vista dell'esito infausto della malattia.
Avvocato Denise Canu