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lunedì 27 aprile 2009

Stalking (atti persecutori): ora è legge

Con Legge 38 del 24 aprile 2009 è stato convertito in legge il decreto-legge 11 del 23/02/2009 recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori:
Come vengono puniti, oggi, secondo il codice penale, gli atti persecutori, reato anche denominato di "stalking".

Art. 612-bis. Atti persecutori.

Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumita' propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Circostanze aggravanti

La pena e' aumentata se il fatto e' commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La pena e' aumentata fino alla meta' se il fatto e' commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilita' di cui all'art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Procedibilità

Il delitto e' punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela e' di sei mesi.

Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto e' commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilita' di cui all'art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonche' quando il fatto e' connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.
Avvocato Denise Canu

giovedì 16 aprile 2009

Divorzio: restituzione somme ai genitori della ex moglie

Una interessante pronuncia della Corte di Cassazione su di un tema che spesso coinvolge i coniugi in fase di separazione e divorzio. La richiesta di restituzione delle somme versate dai genitori per l'acquisto della casa coniugale.
Questi i fatti. Una coppia di coniugi cita in giudizio l'ex genero per sentirlo condannare alla restituzione di una parte delle somme che gli stessi versarono per l'acquisto della casa coniugale della figlia e dell'allora marito.
La decisione. La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n° 8386/09 depositata il 07 aprile 2009, rigetta la richiesta di restituzione delle somme così motivando:
1) E' costume diffuso, nell'attuale società, che i genitori aiutino, anche finanziariamente i figli al momento del loro matrimonio, in un contesto di solidarietà familiare che si presume gratuito;
2) E', quindi, necessaria una prova specifica e precisa in ordine alla restituzione di quanto originariamente corrisposto da parte dei coniugi istanti;
3) Occorre fornire la prova certa in ordine ai tempi della pattuita restituzione delle somme, nonchè della regolazione degli interessi.
Avvocato Denise Canu

giovedì 9 aprile 2009

Cani aggressivi: Ordinanza Ministero del Lavoro


Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con ordinanza del 03 marzo 2009, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il successivo 23 marzo, preso atto che non e' possibile stabilire il rischio di una maggiore aggressivita' di un cane sulla base dell'appartenenza ad una razza o ai suoi incroci, ha emesso la seguente ordinanza:

Art. 1.1. Il proprietario di un cane e' sempre responsabile del benessere, del controllo e della conduzione dell'animale e risponde, sia civilmente che penalmente, dei danni o lesioni a persone, animali e cose provocati dall'animale stesso.

2. Chiunque, a qualsiasi titolo, accetti di detenere un cane non di sua proprieta' ne assume la responsabilita' per il relativo periodo.

3. Ai fini della prevenzione dei danni o lesioni a persone, animali o cose il proprietario e il detentore di un cane devono adottare le seguenti misure:

a) utilizzare sempre il guinzaglio ad una misura non superiore a mt 1,50 durante la conduzione dell'animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve le aree per cani individuate dai comuni;

b) portare con se' una museruola, rigida o morbida, da applicare al cane in caso di rischio per l'incolumita' di persone o animali o su richiesta delle Autorita' competenti;

c) affidare il cane a persone in grado di gestirlo correttamente;

d) acquisire un cane assumendo informazioni sulle sue caratteristiche fisiche ed etologiche nonche' sulle norme in vigore;

e) assicurare che il cane abbia un comportamento adeguato alle specifiche esigenze di convivenza con persone e animali rispetto al contesto in cui vive.

4. Vengono istituiti percorsi formativi per i proprietari di cani con rilascio di specifica attestazione denominata patentino. Detti percorsi sono organizzati da parte dei comuni congiuntamente con le aziende sanitarie locali, in collaborazione con gli ordini professionali dei medici veterinari, le facolta' di medicina veterinaria, le associazioni veterinarie e le associazioni di protezione degli animali.

5. Il medico veterinario libero professionista informa i proprietari di cani in merito alla disponibilita' di percorsi formativi e, nell'interesse della salute pubblica, segnala ai servizi veterinari della ASL la presenza, tra i suoi assistiti, di cani che richiedono una valutazione comportamentale, in quanto impegnativi per la corretta gestione ai fini della tutela dell'incolumita' pubblica.

6. I comuni in collaborazione con i servizi veterinari, sulla base dell'anagrafe canina regionale decidono, nell'ambito del loro compito di tutela dell'incolumita' pubblica, quali proprietari di cani hanno l'obbligo di svolgere i percorsi formativi. Le spese riguardanti i percorsi formativi sono a carico del proprietario del cane.

7. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali con proprio decreto, emanato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente ordinanza, stabilisce i criteri e le linee guida per la programmazione dei corsi di cui al comma 4.

Art. 2.


1. Sono vietati:

a) l'addestramento di cani che ne esalti l'aggressivita';

b) qualsiasi operazione di selezione o di incrocio di cani con lo scopo di svilupparne l'aggressivita';

c) la sottoposizione di cani a doping, cosi' come definito all'art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376;

d) gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi, con particolare riferimento a:

1) recisione delle corde vocali;

2) taglio delle orecchie;

3) taglio della coda, fatta eccezione per i cani appartenenti alle razze canine riconosciute alla F.C.I. con caudotomia prevista dallo standard, sino all'emanazione di una legge di divieto generale specifica in materia. Il taglio della coda, ove consentito, deve essere eseguito e certificato da un medico veterinario, entro la prima settimana di vita dell'animale;

e) la vendita e la commercializzazione di cani sottoposti agli interventi chirurgici di cui alla lettera d).

2. Gli interventi chirurgici su corde vocali, orecchie e coda sono consentiti esclusivamente con finalita' curative e con modalita' conservative certificate da un medico veterinario. Il certificato veterinario segue l'animale e deve essere presentato ogniqualvolta richiesto dalle autorita' competenti.

3. Gli interventi chirurgici effettuati in violazione al presente articolo sono da considerarsi maltrattamento animale ai sensi dell'articolo 544-ter del codice penale.

4. E' fatto obbligo a chiunque conduca il cane in ambito urbano raccoglierne le feci e avere con se' strumenti idonei alla raccolta delle stesse.

Art. 3.


1. Fatto salvo quanto stabilito dagli articoli 86 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 «Regolamento di Polizia veterinaria», a seguito di morsicatura od aggressione i Servizi veterinari sono tenuti ad attivare un percorso mirato all'accertamento delle condizioni psicofisiche dell'animale e della corretta gestione da parte del proprietario.

2. I Servizi veterinari, nel caso di rilevazione di rischio potenziale elevato, in base alla gravita' delle eventuali lesioni provocate a persone, animali o cose, stabiliscono le misure di prevenzione e la necessita' di un intervento terapeutico comportamentale da parte di medici veterinari esperti in comportamento animale.

3.I Servizi veterinari devono tenere un registro aggiornato dei cani identificati ai sensi del comma 2.

4. I proprietari dei cani inseriti nel registro di cui al comma 3 provvedono a stipulare una polizza di assicurazione di responsabilita' civile per danni contro terzi causati dal proprio cane e devono applicare sempre sia il guinzaglio che la museruola al cane quando si trova in aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico.

Art. 4.


1. E' vietato possedere o detenere cani registrati ai sensi dell'art. 3, comma 3:

a) ai delinquenti abituali o per tendenza;

b) a chi e' sottoposto a misure di prevenzione personale o a misura di sicurezza personale;

c) a chiunque abbia riportato condanna, anche non definitiva, per delitto non colposo contro la persona o contro il patrimonio, punibile con la reclusione superiore a due anni;

d) a chiunque abbia riportato condanna, anche non definitiva o decreto penale di condanna, per i reati di cui agli articoli 727, 544-ter, 544-quater, 544-quinquies del codice penale e, per quelli previsti dall'art. 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189;

e) ai minori di 18 anni, agli interdetti ed agli inabili per infermita' di mente.

Art. 5.


1. La presente ordinanza non si applica ai cani in dotazione alle Forze armate, di Polizia, di Protezione civile e dei Vigili del fuoco.

2. Le disposizioni di cui all'art. 1, comma 3, lettere a) e b) e all'art. 2, comma 4 non si applicano ai cani addestrati a sostegno delle persone diversamente abili.

3. Le disposizioni di cui all'art. 1, comma 3, lettere a) e b) non si applicano ai cani a guardia e a conduzione delle greggi e ad altre tipologie di cani comunque individuate con proprio atto dalle regioni o dai comuni.

Art. 6.


1. Le violazioni delle disposizioni della presente ordinanza sono sanzionate dalle competenti Autorita' secondo le disposizioni in vigore.

Art. 7.


1. La presente ordinanza ha efficacia per 24 mesi a decorrere dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Avvocato Denise Canu

venerdì 27 marzo 2009

Chemioterapia ed indennità di accompagnamento

I pazienti affetti da patologie oncologiche hanno il diritto di conoscere tutta la normativa di riferimento. In particolare la Legge 104/1992 e successive modificazioni detta i principi dell’ordinamento italiano in materia di diritti e assistenza socio assistenziale alla persona handicappata.
Con particolare riferimento al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento durante il periodo nel quale il paziente si sottopone a trattamento chemioterapico, alcune sentenze della Corte di Cassazione si sono espresse favorevolmente.
Con le pronuncie della Suprema Corte si sono confermati principi già acclarati dalla scienza medica, vale a dire che il ciclo di chemioterapia ha un
impatto devastante per la gravità degli effetti collaterali e determina la compromissione della autonomia di un soggetto con conseguente menomazione del malato per un periodo di tempo più o meno lungo, di carattere variabile.
Con sentenza 10212 del 27 maggio 2004, la Corte di Cassazione ha affermato che:
1) accertata l'incapacità del malato di deambulare o di attendere al compimento dei normali atti quotidiani della vita a causa del ciclo di terapia eseguita in regime di day hospital va riconosciuta l'indennità di accompagnamento poichè nessuna norma vieta il riconoscimento dell'indennità anche se per periodi di tempo limitati.
Con successiva sentenza , sezione lavoro, 02 febbraio 2007 n° 2770 la Corte ha precisato:
1) che il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce "sic et simpliciter" l'equivalente del "ricovero in istituto" ai sensi della L. n. 18 del 1980, art. 1, comma 3 e che pertanto l'indennità di accompagnamento può spettare all'invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall'ospedalenon esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana.
Con l'ultima sentenza, in ordine temporale, sezione lavoro 22 ottobre 2008 n° 25569 la Corte ha precisato:
1) Si deve esaminare caso per caso se il trattamento chemioterapico comporti, per gli alti dosaggi e per i loro effetti sul singolo paziente, anche per il tempo limitato della terapia, le condizioni previste dall'articolo 1 legge 11 febbraio 1980, n. 18 per la concessione dell'indennità.
Avv. Denise Canu

venerdì 13 marzo 2009

Consenso informato: i diritti del malato

Con una interessante sentenza la terza sezione civile della Corte di Cassazione (n°2468/2009) si è occupata del caso di un paziente sottoposto a test HIV senza che gli fosse stato richiesto il relativo consenso. Contestava, inoltre, il paziente l'omessa adeguata custodia della cartella clinica contenente l'esito positivo del test, con conseguente diffusione delle notizie relative alla sua salute.
La Suprema Corte ha così ritenuto:" .... Va condivisa l’opinione del ricorrente secondo cui la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 5, 3° comma, legge n. 135/1990 porta a ritenere che il consenso del paziente al test HIV - così come ad ogni altro trattamento a cui debba essere sottoposto - deve essere richiesto in ogni caso in cui ciò sia possibile, senza pregiudizio per le esigenze di cura del paziente stesso o per la tutela dei terzi. Ed invero, se nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, salvo espressa disposizione di legge (art. 32 Cost.), il malato ha il diritto di essere preventivamente e tempestivamente informato delle indagini cliniche e delle cure alle quali lo si vuol sottoporre, in tutti i casi in cui possa esprimere liberamente e consapevolmente la sua volontà ..... per le indagini cliniche debba essere rispettata quanto meno la riservatezza del paziente, adottando tutte le misure idonee a far sì che natura ed esito del test, dati sensibili raccolti nell’anamnesi, e accertamento della malattia, siano resi noti solo entro il ristretto ambito del personale medico e infermieristico adibito alla cura e vengano custoditi adottando tutti gli accorgimenti necessari ad evitare che altri, ed in particolare il pubblico, possano venire a conoscenza delle suddette informazioni...".
Questi, in sintesi, i principi espressi:
1) Il paziente deve essere preventivamente informato ed interpellato in merito alle indagini cliniche e delle cure alle quali deve sottoporsi affinché, nei casi in cui ciò sia possibile, possa esprimere liberamente e consapevolmente la sua volontà;
2) è onere del personale sanitario dimostrare di avere adottato tutte le misure occorrenti allo scopo di garantire il diritto del paziente alla riservatezza e di evitare che i dati relativi all’esito del test ed alle condizioni di salute del paziente medesimo possano pervenire a conoscenza dei terzi.
Avvocato Denise Canu

lunedì 2 marzo 2009

Guida in stato di ebbrezza: alcune precisazioni

La Corte di Cassazione si è occupata (Cass. Civ., Sez. II, n° 3745 del 16 febbraio 2009) delle sanzioni di guida in stato di ebbrezza e del rifiuto di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico, disposizioni contenute nell'art. 186 Codice della Strada.
Questo il caso. Tizio viene fermato per alcuni controlli e sanzionato per aver guidato sotto l'effetto di sostanze alcoliche e per essersi rifiutato di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico. Conseguentemente gli vengono decurtati 20 punti dalla patente di guida, 10 per ciascuna violazione. Il ricorso proposto avanti al Giudice di pace ha esito negativo e così Tizio decide di presentare ricorso avanti la Corte di Cassazione.

La Suprema Corte, chiamata a decidere, precisa:
1) Il legislatore ha scelto di punire e comminare la decurtazione dei punti anche per quelle condotte che impediscono l'accertamento dei fatti connessi ad una già avvenuta violazione di una norma di comportamento nella guida (come chi non si ferma dopo un incidente o che impedisce l'accetamento dello stato di ebbrezza);
2) Proprio la diversità dei beni giuridici tutelati dalle due violazioni anzidette, conferma la diversità e l'autonomia delle singole ipotesi contemplate dall'art. 186 C.d.S.;
3) Correttamente, quindi, sono stati decurtati i 20 punti della patente di guida.
Avv. Denise Canu

lunedì 16 febbraio 2009

T-Red: cosa si può fare

La cronaca degli ultimi giorni ci ha riportato dei sequestri preventivi, disposti dalla Procura della Repubblica di Verona, sugli apparecchi denominati T-Red installati, tra gli altri, in sette Comuni della Provincia di Como. Sono stata contattata da amici "vittime" del famigerato strumento i quali volevano conoscere le possibilità riconosciute agli automobilisti che hanno ricevuto a casa la notifica della multa e, soprattutto, la decurtazione dei punti della patente di guida.
Innanzitutto occorre fare una distinzione importante:
1) chi ha ricevuto la multa ma non ha ancora pagato (il pagamento in misura ridotta, infatti, preclude la possibilità di fare ricorso), può presentare ricorso, entro 60 giorni, al Giudice di Pace ovvero al Prefetto. Sarebbe opportuno produrre in giudizio le perizie che dimostrano l'rregolarità degli apparecchi;
2) chi ha già pagato dovrà, innanzitutto, avere la ricevuta del versamento della multa. Potrà scegliere se costituirsi parte civile nell'eventuale procedimento penale che ormai è in dirittura di arrivo (seguendo l'appello del Procuratore della Repubblica di Verona, Dott. Ardito, che invita gli automobilisti a riunirsi in comitati, rappresentati, quindi, da un numero ridotto di avvocati, evitando anche di sostenere spese legali eccessive), per ottenere il ristoro dei danni subiti. Ovvero potrà decidere di rivolgersi al Giudice di Pace chiedendo il risarcimento dei danni subiti.
Avvocato Denise Canu