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lunedì 23 settembre 2013

Quando la moglie falsifica la firma del marito

Con una recente sentenza la Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. V, 27 agosto 2013, n° 35543) ha affrontato una questione che sempre più spesso diventa spinosa, soprattutto quando i coniugi diventano “ex”.
Nel caso affrontato dalla Corte la moglie (all'epoca dei fatti le parti coinvolte erano sposate in regime di comunione dei beni) sottoscrisse un prestito con la falsa sottoscrizione del marito, il quale successivamente sporse querela per il delitto di “falsità in scrittura privata” a norma dell'art. 485 c.p.
La Corte, pur dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione ha precisato:
“a) sul piano oggettivo, ai fini della sussistenza del reato di falso in scrittura privata il consenso o l'acquiescenza della persona di cui sia falsificata la firma, non svolge alcun rilievo, in quanto la tutela penale ha per oggetto non solo l'interesse della persona offesa, apparente firmataria del documento, ma anche la fede pubblica, la quale è compromessa nel momento in cui l'agente faccia uso della scrittura contraffatta per procurare a sè un vantaggio o per arrecare ad altri un danno; pertanto anche l'erroneo convincimento sull'effetto scriminante del consenso costituisce una inescusabile ignoranza della legge penale; sul piano soggettivo, nel delitto in questione, per l'integrazione del dolo specifico non occorre il perseguimento di finalità illecite, poichè l'oggetto di esso è costituito dal fine di trarre un vantaggio di qualsiasi natura, legittimo od illegittimo .
Avvocato Denise Canu